di Lourdes Contreras
Ho iniziato a studiare italiano quando ero al primo anno di liceo. Il mio interesse per la lingua derivava dal mio amore per l’arte rinascimentale e un’affinità per la cultura italiana. Recentemente ho avuto l’opportunità di studiare all’estero in Italia per un trimestre per imparare di più dell’architettura, la storia dell’arte e la lingua. Ho vissuto a Roma per un trimestre, ma ho passato molti dei miei weekend fuori Roma, molte volte prendendo il treno per visitare le città vicine.
Durante questo periodo all’estero mi sono subito resa conto di quanto sono importanti per me le diverse sfumature dell’inglese. Durante l’unico viaggio che ho fatto da sola fuori Roma, ho visitato le città di Bolzano e Trento. Avevo programmato di andare a Bolzano da quando avevo deciso di studiare all’estero ma non riuscivo a trovare nessuno disposto ad andare al nord che era ancora più freddo di Venezia a fine novembre. Poiché sono stata circondata da altri studenti americani per l’intero periodo all’estero, avevo solo poche opportunità di parlare italiano con altri italiani. Avevo ordinato nei ristoranti un paio di volte e scambiato alcune parole con i negozianti quando chiedevano da dove venivamo. Una volta, mentre tornavo a casa, camminavo dietro al Museo dell’Ara Pacis quando si è avvicinata una donna italiana che cercava Piazza del Popolo. Ero tornata a casa tante volte e conoscevo molto bene la strada verso la piazza, perciò le ho potuto dare indicazioni chiare: di camminare dritto in avanti verso l’obelisco visibile dal museo. Ho avuto solo pochi momenti come questi, ma sono stati i momenti in cui mi sono sentita più indipendente.
Il mio viaggio al nord era indipendente nel senso più superficiale, in quanto andavo da sola, senza amici. È stata, in larga misura, l’esperienza più terrificante ed esaltante del mio soggiorno in Italia, in parte perché mi ha dato l’opportunità di parlare italiano senza sentirmi scortese con i miei colleghi americani e senza sentirmi incompetente con studenti che sapevano parlare italiano molto meglio di me. Prima ho parlato con l’impiegato nella stazione per cambiare il giorno della mia partenza e lei, per miracolo, ha capito cosa stavo cercando di dire. Probabilmente parlava inglese ma sentivo che parlando italiano mi sentivo più autosufficiente, più in controllo. Dopo aver cambiato il biglietto, ho aspettato il mio treno sperando che ci fossero altre occasioni per parlare italiano.
Trento era molto tranquilla, ma mi ha anche messo in situazioni che mi hanno fatto vedere i miei limiti con l’italiano. Per prima cosa, non conosco in italiano tutte le parole che conosco in inglese. Ho anche dimenticato parole molto semplici che spesso ricordavo quando era troppo tardi. Tuttavia la mia esperienza a Trento ha messo in evidenza questi pezzi linguistici mancanti ma in un modo che non mi ha scoraggiato, ma che mi ha piuttosto fatto desiderare di sapere dove fossero questi pezzi. Anche se non mi piace viaggiare da sola, parlare italiano mi ha aiutato a diventare più indipendente ma, ancora più importante, a capire in un certo senso chi sono.
Avevo studiato italiano per sei anni, e ancora non sono sempre molto brava a comunicare ogni sfumatura che intendo. Tuttavia i brevi momenti in cui ho parlato italiano in Italia mi hanno reso più entusiasta ad imparare. Non sono sicura che questo sia il motivo per cui ho scelto di studiare l’italiano. Non sono cresciuta con l’italiano come invece con lo spagnolo e l’inglese. Penso comunque che questa piccola esperienza a Trento sia stata così significativa per me perché ero sola, sì, ma anche perché è stata una delle prime volte in cui ero da sola con questa lingua che avevo scelto io. Parlare italiano mi fa sentire la capacità di agire per conto mio—una specie di autosufficienza che non ho in inglese e che non riesco a trovare nemmeno in spagnolo. Mi fa sentire adulta.